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Jerusha West

Nel luglio 2025, l’artista visiva e regista britannica Jerusha West ha trascorso sei settimane in residenza a Palmerino.

Per Jerusha è stato un momento di quiete e di spazio, una pausa dal ritmo frenetico della vita londinese e un’occasione per riconnettersi con la sua pratica multidisciplinare in un contesto sereno e creativo.


Jerusha ha iniziato la sua formazione artistica con un corso propedeutico al Central Saint Martins, per poi proseguire gli studi alla Slade School of Fine Art (UCL). Sebbene si sia formata nel dipartimento di pittura, è sempre stata incoraggiata a esplorare diversi linguaggi espressivi, in particolare dal suo docente Alastair Mackinven.


Al centro della sua pratica a Palmerino c’è il disegno, un mezzo attraverso cui esplora momenti narrativi con segni surreali e immagini radicate nella realtà. Le sue influenze spaziano dai mondi mitologici e fantastici di Richard Dadd, ai paesaggi evocativi di Paul Nash e William Turner, fino alle delicate palette contemplative di Agnes Martin. Il periodo trascorso nel Suffolk durante la pandemia di COVID è stato particolarmente produttivo: ispirata dall’ambiente naturale e dalla tradizione paesaggistica britannica, ha realizzato numerosi disegni e dipinti, oltre a girare il suo primo cortometraggio.

Il mondo creativo di Jerusha si muove in equilibrio tra intuizione e struttura. Se da un lato il disegno nasce da un impulso istintivo, il cinema le consente di costruire narrazioni più pianificate. Le due modalità si completano a vicenda: i temi che emergono nei suoi disegni spesso riaffiorano nei film in forma più esplicita. Un progetto in arrivo prevede un’installazione video multischermo.


Ha già realizzato tre cortometraggi d’autore — Solidago, Sea Holly e Stinging Nettles. I primi due sono stati presentati in festival cinematografici, mentre l’ultimo è stato recentemente completato.


Jerusha è arrivata a Palmerino su consiglio di un’artista e accademica. A colpirla non è stata solo la cultura e l’architettura italiane, ma anche la teatralità romantica che l’Italia incarna — un aspetto che si ritrova anche nel suo lavoro, spesso attraversato da elementi scenografici, performance, maschere e magia.


In particolare, è rimasta affascinata dalle chiese di Firenze, con le loro facciate a strisce che ha descritto come “dolcetti” o scenografie teatrali — elementi visivi che hanno ispirato nuove idee nei suoi disegni. Allo stesso tempo, il contesto naturale di Palmerino, immerso nella campagna toscana, le ha offerto sia calma che stimoli, un ambiente ideale per riflettere e creare.


A differenza della pressione che spesso accompagna la produzione cinematografica, Palmerino le ha regalato un tempo non strutturato, uno spazio terapeutico e catartico in cui lavorare sia alla sua arte visiva che ai primi spunti per nuove sceneggiature, senza scadenze esterne.


Testo di Lucie Vittoz

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