top of page

Romain Rolland

Aggiornamento: 7 giorni fa




Romain Rolland nacque nel 1866 nella piccola città di Clamecy, in Francia. Laureato all'École Normale Supérieure, dottore in storia e letteratura, oltre che appassionato di musica, l'intellettuale è noto soprattutto per il suo impegno letterario durante la Grande Guerra. Paragonabile, e spesso comparato al J’accuse (1898) di Zola, il suo articolo Audessus de la mêlée, pubblicato il 22 settembre 1914 nel Journal de Genève, si rivela essere il più celebre manifesto pacifista della Prima Guerra Mondiale. Invocando un distacco dalle dispute belliciste e considerando che un “grande popolo assalito dalla guerra non ha solo i suoi confini da difendere” ma anche “la sua ragione”, questo scritto contribuirà, insieme alla pubblicazione di JeanChristophe circa dieci anni prima, all'assegnazione del Premio Nobel per la letteratura a Rolland nel 1915. Questo ideale di non–violenza, ispirato al pensiero di Tolstoj e Gandhi, non incontra solo un tempo oggettivo – quello della guerra – ma porta a compimento un percorso di vita che Rolland aveva intrapreso da quasi vent’anni, fatto di incontri, viaggi e di un certo spirito o colore dell’epoca, che ha molto a che fare con l’Italia.

 

Fu così che Rolland intrattenne una corrispondenza con Vernon Lee, dal 1908 al 1921, oggi conservata negli archivi dell’Università di Oxford. Egli favorì in particolare la pubblicazione a puntate, nella sua rivista Les Tablettes, del saggio pacifista The Ballet of Nations (1915) di Lee, accompagnato dalle illustrazioni dell’artista belga Frans Maaserel. In maniera reciproca, nel 1914, mentre Audessus de la mêlée veniva pubblicato, Vernon Lee contribuì alla sua candidatura al Nobel, incoraggiando la traduzione e la diffusione di JeanChristophe (1904) presso il pubblico anglofono. Un anno dopo, da Londra, scrisse persino in una lettera indirizzata a Helmer Key, musicologo svedese e membro della Union of Democratic Control:

 

“Cannot the prize-giving become deliberately organized in view intellectual pacification and collaboration? And should not the prize intended for those who have furthered the cause of peace unanimously offered to the writer who before the war, but when its bitterness was preparing, set the German JeanChristophe alongside of the Frenchman Olivier as his companion and complement, the writer, since the war, of Au-dessus de la mêlée, Monsieur Romain Rolland?”

 

Questa sollecitudine espressa nei confronti dello scrittore francese non implica l’assenza di sfumature o addirittura di dissensi tra i due intellettuali riguardo all’atteggiamento da adottare di fronte al protrarsi della guerra. Probabilmente influenzato dai due anni trascorsi all’École française de Rome, dal 1889 al 1891, e dalla frequentazione dei circoli aristocratici italiani, Rolland difende una posizione profondamente intellettuale, o intellettualista, del conflitto, che secondo Lee sfiora una forma di religiosità, un atteggiamento “serafico”, proprio degli angeli. Differenziandosi dal suo collega, ella afferma di “non essere, come il suo amico Romain Rolland, al di sopra, ma semplicemente al di fuori della mischia”. Lee non concepisce questa possibilità, auspicata da Rolland, di coinvolgere l’intera ragione umana nella comprensione di un conflitto, né la lotta pacifista contro una guerra che considera necessariamente sterile, poiché assurda.

 

Eppure, se si dà credito all’articolo dello storico Blaise Wilfert, intitolato Un grand cosmopolite ? Romain Rolland et l’Italie ou les contradictions d’un internationaliste, la concezione totalizzante dell’impegno intellettuale che egli promuove non è il prolungamento di un cosmopolitismo cieco, che ignora le identità nazionali. Al contrario, la concezione politica di Rolland distingue la Nazione – riconosciuta come realtà storica e culturale – dal nazionalismo, inteso come un’ideologia che va oltre il semplice riconoscimento passivo e che promuove apertamente la Nazione come quadro di riferimento.

 

Tuttavia, al di là di questa accezione che fa della Nazione un fatto, un’entità che trascende il gioco dei partiti, il suo contributo, a partire dal 1908, al giornale fiorentino La Voce, fondato da Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini, così come i suoi legami con l’Istituto Francese di Firenze, rivelano piuttosto, secondo Wilfert, una dimensione internazionale del nazionalismo di Rolland. In questo senso, La Voce si configura come un progetto di opposizione alla decadenza ritenuta evidente nell’arte italiana e francese, in particolare all’interno della letteratura simbolista, giudicata da Rolland come puramente e solamente evocativa, una forma di letteratura che considera priva di radici. Allo stesso modo, le conferenze e i concerti tenuti dallo scrittore – Rolland era anche pianista – all’Istituto Francese di Firenze si rivelarono piuttosto irregolari, come osserva Wilfert, e l’IFF, fondato nel 1907 da Jean Luchaire, era all’epoca più un’espressione istituzionale di una latinità comune tra Francia e Italia che un vero e proprio luogo di scambi culturali. Infine, per rafforzare la sua tesi, lo storico sottolinea che il romanzo JeanChristophe (1904) di Rolland, sebbene metta in scena una riconciliazione tra le Nazioni, si basa su una “rielaborazione narrativa di stereotipi nazionali dell’epoca” : la Germania viene rappresentata come nebulosa, mentre la Francia e l’Italia sono associate a qualificativi positivi, di armonia e chiarezza.


Infine, dopo essere stato una figura di spicco del Nouveau Front Populaire in Francia, nonché sostenitore del comunismo e dell’Unione Sovietica, Rolland annunciò il suo ritiro dalla politica nel 1940, quando il patto tedesco-sovietico fu rotto. In realtà, si trattò più di una dichiarazione d’intenti che di un’effettiva intenzione. Quest’uomo, per il quale la politica era una questione di umanità, continuò a esprimere il proprio punto di vista sull’attualità, sebbene con un certo distacco e cercando piuttosto l’indifferenziazione nel tragico. Potremmo dire che, infine, si sia avvicinato alla visione di inizio secolo della sua amica Vernon Lee: “en dehors de la mêlée.”


Alan B.

 
 
 

Commenti


bottom of page