Roberto Longhi e Anna Banti: Caravaggio, Artemisia e non soltanto
- associazione68
- 15 mag
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Giovedì 8 maggio, intorno alle 17:00, si è tenuta una conferenza intitolata Roberto Longhi e Anna Banti: Caravaggio, Artemisia e non soltanto. A condurla è stata Cristina Acidini, scrittrice e storica dell’arte, figura di riferimento nella conservazione e valorizzazione del patrimonio fiorentino. L’intervento mirava, tra le altre cose, a introdurre la mostra Caravaggio e il Novecento. Roberto Longhi, Anna Banti, che si svolge dal 27 marzo al 20 luglio 2025 presso Villa Bardini a Firenze.

Una coppia speculare
Roberto Longhi (1890–1970) e Anna Banti (1895–1985) si incontrano al liceo Tasso di Roma, quando Longhi inizia la sua carriera di insegnante di storia dell’arte. Lui ha 23 anni, Anna Banti – conosciuta allora con il suo nome di nascita, Lucia Lopresti – ne ha solo 18. «Anch’essa storica dell’arte, comprende rapidamente che al fianco di Longhi avrebbe avuto poco spazio se non quello di seconda. Così sceglie un’altra via: la scrittura», afferma Cristina Acidini. Tuttavia, questa distinzione, che si riflette anche nella rivista Paragone, fondata da entrambi gli intellettuali, non è affatto indice di una frattura o di un’indifferenza, bensì la dimostrazione della possibilità di un dialogo costante tra due forme di espressione intellettuale. In tal senso, mentre Longhi è celebre per i suoi studi su Caravaggio (1571–1610), Anna Banti, che sceglie il suo pseudonimo in omaggio a un’amica d’infanzia, riscopre, attraverso una finzione letteraria, la vita di una pittrice altrettanto significativa del Rinascimento, Artemisia Gentileschi (1593–1653).
Dalla Villa Il Tasso all’accoglienza dei dottorandi
La conferenza si apre con un ricordo dell’antica residenza della coppia, Villa Il Tasso, in particolare del loro spazio di lavoro. Composto da una biblioteca e da una fototeca, era il luogo ideale per dedicarsi a studi approfonditi di storia dell’arte, soprattutto in un’epoca in cui, secondo Cristina Acidini, le fototeche erano veri e propri “strumenti di potere” – per la loro rarità e per le molte possibilità che offrivano in termini di consultazione di immagini e analisi delle opere. Solo pochi potevano vantare una tale risorsa, tra cui gli storici dell’arte Bernard Berenson, Federico Zeri e Giuliano Briganti.
Oggi Villa Il Tasso ospita la sede della Fondazione Longhi, che, nel pieno rispetto della volontà di Longhi, ha come scopo la conservazione di questo patrimonio per le future generazioni, in particolare per i giovani studiosi di storia dell’arte. Alcuni di loro, beneficiari di borse di studio, hanno la fortuna di accedere all’intero patrimonio della Fondazione, comprese le archivi, la biblioteca, la fototeca e la collezione d’arte.

Il Dandy e la sua cerchia di amici
La coppia aveva una particolare cura per la propria immagine, amava farsi fotografare, anche negli anni '30 durante le loro vacanze a Poveromo, in provincia di Massa–Carrara. L’attuale mostra a Villa Bardini presenta un numero significativo di fotografie, cosa piuttosto notevole per l’epoca. Longhi, in particolare, si distingue per l’aspetto da dandy, lo sguardo vivace e, molto spesso, un sigaro sulla punta delle labbra. Secondo Amélie Zimmermann, ex studentessa dell’École Normale Supérieure in filosofia della moda, la figura del dandy non si limita a un’estetica, ma racchiude in sé il segreto di una rivolta, di un’ascesi, di un fondamento spirituale e morale: quello di fare della propria vita un’opera d’arte. Baudelaire scriveva del dandy che era « un sole al tramonto, come un astro che declina, è superbo, senza calore e pieno di malinconia » e, ascoltando le parole di Pasolini, ex allievo di Longhi ai tempi dell’università di Bologna, non si può non tracciare un parallelo con lo storico dell’arte che egli descriveva, se non come un astro, quantomeno come « un’apparizione ».
Questioni di mediazione culturale
Sebbene il titolo della mostra menzioni sia Caravaggio che Anna Banti, è Longhi la figura celebrata. In questo senso, solo un’opera di Caravaggio è presente in mostra quella posseduta dalla Fondazione Longhi. Un dipinto assolutamente iconico, che rappresenta un giovane morso da una lucertola, simbolo di una reazione alla scoperta del tempo, della caducità, e per estensione della natura del desiderio. Ciononostante, è la stessa Cristina Acidini a sollevare una domanda: perché privilegiare Caravaggio rispetto alle decine di altri dipinti esposti? È forse un tentativo di far emergere Firenze, in alternativa a Roma e la sua grande esposizione su Caravaggio? Le questioni di mediazione culturale qui sono molte – la storica dell’arte ci confida persino che alcune delle persone coinvolte nella comunicazione della mostra avrebbero voluto intitolarla Da Caravaggio al Novecento. Tuttavia, « Longhi non provava alcun affetto particolare per l'Ottocento quindi non poteva essere una mostra cronologica”, ha considerato Cristina Acidini.
Più in generale, la mostra porta a riflettere su un’attenzione un po’ sbilanciata tra Longhi e Banti, poiché lo spazio dedicato alla scrittrice è inferiore rispetto a quello del marito. Eppure, è lei, con un femminismo mai rivendicato ma leggibile nei suoi romanzi, a suscitare oggi il maggiore interesse da parte di ricercatori e giovani dottorandi. Prova, se mai ce ne fosse bisogno, che lo sguardo accademico ha ancora molto da insegnarci.
Alan B.
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