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Yiannis Papadakis e il suo lavoro sull'antropologia dei cimiteri



Yiannis Papadakis, antropologo sociale e professore all'università di Cipro                                              © Bridges For Tomorrow
Yiannis Papadakis, antropologo sociale e professore all'università di Cipro © Bridges For Tomorrow

Martedì 22 aprile 2025, presso l'Associazione Culturale Il Palmerino APS, si è tenuta una conferenza sul tema dei cimiteri intitolata Death, the great (in)equalizer: Cemeteries in Denmark, Cyprus and Japan. L’incontro, tenuto da Yiannis Papadakis, laureato a Cambridge in antropologia sociale e attualmente professore presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università di Cipro, aveva l’obiettivo di presentare le principali linee della sua ricerca e, in particolare, di fornire una prima risposta alla grande domanda: cosa possono raccontarci i cimiteri su una società?


“Tutto inizia in Danimarca”


Per l’antropologo, tutto ha inizio con una visita al cimitero di Assistens, situato a Copenaghen, in Danimarca. Inaugurato nel 1760, è in tutto e per tutto un prodotto della socialdemocrazia danese. Spazio urbano aperto, non è un luogo separato dalla città e dalla vita sociale, bensì, al contrario, uno spazio pubblico, di transito, di passaggio, di passeggio. La maggior parte delle persone vi è sepolta in uno spazio aperto senza tomba, cioè senza lapide o monumento: solo uno spazio vuoto. Questo rende persino incerta la possibilità di definirlo “sepolcrale”. Poiché le urne contenenti le ceneri sono interrate direttamente nel giardino pubblico, esso non rispetta le tradizioni funerarie del mondo greco-latino, e dunque neppure le nostre categorie abituali di comprensione. A partire da questo momento, l’antropologo si volta verso la propria società, Cipro: che cosa significano davvero una tomba e una lapide? È un luogo di memoria o piuttosto un gesto che trasforma i morti in monumenti? Quale bisogno si esprime in questa permanenza, in questa visibilità, in questa trascendenza della corporeità, perfino in questa spesa importante per costruire una tomba in marmo?


Prospettiva antropologica e (in)uguaglianza


Sebbene Yiannis Papadakis abbia studiato anche filosofia presso l’Università della California a Santa Cruz, l’antropologia si distingue in quanto non cerca un’ontologia, o, come afferma il filosofo politico B.Boudou, una “verità supra-politica”. Gioco di corrispondenze tra ciò che è familiare e ciò che non lo è, tra confronto e osservazione empirica, lo sguardo dell’antropologo risponde a un’epistemologia specifica. Mettendo in discussione il paradigma della morte come “la grande livellatrice”, Papadakis cerca di mostrare come la morte, e la sua scenografia, siano questione di classe, privilegio, esclusione, insicurezza e performance privata. Anche in Danimarca emergono impulsi individualistici. Essi si possono osservare nelle fosse comuni anonime, attraverso la comparsa di alcune proto-tombe stabilite arbitrariamente da persone che scelgono un punto preciso dove deporre fiori, creando così monumenti minimali e transitori. Questi permettono una riflessione sulla natura degli spazi, su ciò che Foucault chiamava la “curiosa eterotopia del cimitero”. Un luogo completamente altro, il cimitero rimane tuttavia “collegato a tutti gli altri luoghi della città” – e quindi anche alle gerarchie che la compongono.


Da Cipro al Giappone


Dopo quella visita a un cimitero danese, il ricercatore è stato portato a confrontarlo con quelli dell’isola da cui proviene – Cipro – così come con quelli del Giappone, che ha visitato. Emergono così tre tipi ideali: al modello danese, in cui la morte è gestita dallo stato sociale, si oppone (o si affianca) la cultura funeraria cipriota, dove l’attore centrale rimane la famiglia, e quella giapponese, dove in passato si veniva sepolti anche in tombe aziendali, ad esempio di Mazda o Panasonic. I giapponesi hanno “privatizzato” l’organizzazione dei funerali in un doppio senso, dando corpo alla ormai nota espressione di “industria della morte”. Come segno di intimità, la lapide giapponese era anche, più sorprendentemente, lo spazio del privato, dell’economico, del corporativo. Appartenere a un’azienda – uno dei principali marcatori dell’identità maschile in Giappone fino agli anni 2000 – permetteva di essere sepolti lì tanto quanto in una tomba familiare. Come segno di un’esistenza sociale valorizzata che continua, questo modello rivelava anche la disaffiliazione di alcuni, che non avevano né un’azienda né parenti.


Anime perdute e minoranze


Nel cimitero di Tama, in Giappone, una delle fosse comuni anonime è riservata ai muenbotoke – letteralmente, i morti senza legami. Abbandonati in vita, i muenbotoke non ricevono cure neppure nella morte, nonostante il riposo condiviso, e incarnano le crescenti disuguaglianze e l’individualizzazione della società giapponese, così come l’impossibilità di raggiungere uno stato di riposo nell’aldilà. Quest’ultimo, nella cosmologia buddista, non appartiene ai sei regni che compongono il ciclo delle rinascite (di cui fa parte il mondo umano), ma è una Terra Pura, fuori dal Samsara, quella del Budda Amida, dove il vagare dell’anima non è più possibile. Queste anime perdute, i muenbotoke, rappresentano una delle paure più profonde del popolo giapponese.


In Danimarca, invece, sono stati osservati altri tipi di marginalizzazione e separazione: la distinzione geografica di certi gruppi minoritari, al di fuori della fossa comune anonima, è stata richiesta da gruppi migranti desiderosi di restare uniti nella morte così come lo erano stati in vita. Era segno di una mancata integrazione o di un sentimento di esclusione? Altri, esercitando la propria agentività, hanno lavorato per fondare comunità autonome anche nella morte. Queste diventano, con la loro gravità, portatrici di una denuncia silenziosa ma potente contro l’omofobia o l’assenza di una casa. Per esempio, la comunità LGBTQ+ ha creato una propria tomba anonima con i propri simboli. Inoltre, nel 2013, l’artista Leif Sylvester Petersen ha inaugurato la sua opera in bronzo An angel among us nel cimitero di Assistens a Copenaghen, per segnare la fossa collettiva anonima dei senzatetto. Un modo per ricordarci, attraverso alcune figure giovanili, carine e variegate, che anche gli angeli sono di questo mondo.


Per ulteriori informazioni, puoi consultare le pubblicazioni di Yiannis Papadakis online, oppure scrivergli all’indirizzo papadakis.yiannis@ucy.ac.cy.

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