Mary Berenson
- associazione68
- 27 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 28 mag

Mary Berenson (1864–1945), il cui vero nome è Mary Whitall Smith, nacque a Filadelfia nel 1864. Cresciuta in un ambiente intellettuale, conobbe fin da giovane, tra gli altri, Walt Whitman e William James, entrambi americani, rispettivamente poeta e psicologo–filosofo.
Studentessa brillante, appassionata di letteratura insieme a suo fratello Logan Pearsall Smith, proseguì gli studi in psicologia e filosofia presso lo Smith College dal 1881 al 1883, poi al Radcliffe College, sezione distaccata dell’università di Harvard, a partire dal 1884. Fu durante questo periodo ad Harvard che scoprì l’arte europea e in particolare Botticelli. Sempre ad Harvard incontrò il suo primo marito, Benjamin Francis Con Costelloe, avvocato di professione, con il quale ebbe due figlie: Ray Strachey e Karin Stephen. Con lui si trasferì nel Regno Unito nel 1885.
Insoddisfatta del suo matrimonio, conobbe nel 1888 Bernard Berenson grazie a un’amica comune, Gertrude Hitz–Burton. Decise di seguirlo sul continente, approfondendo così sia la sua passione amorosa sia il suo interesse per l’arte. Tuttavia, poiché il suo primo marito era molto religioso e contrario al divorzio, sposò Berenson solo nel 1900 in una piccola cappella della Villa I Tatti, situata a Firenze, l’anno successivo la morte del primo marito. Fu proprio lì che la coppia si era recentemente stabilita per proseguire le proprie attività intellettuali.
Sebbene Mary Berenson si affermasse come figura autorevole – pubblicando tra l’altro Guide to the Italian Pictures at Hampton Court: with Short Studies of the Artists – fu vittima di una forma di invisibilizzazione, testimoniata in particolare dal suo pseudonimo iniziale, Mary Logan. Secondo il Burlington Magazine, è difficile rendersi conto della portata del lavoro della storica dell’arte, tanto esso era intrecciato con quello del marito, le cui pubblicazioni spesso omettevano il suo contributo. Questa omissione consapevole si inserisce in un contesto storico in cui era difficile per le donne accedere allo status di intellettuali. La stessa madre di Mary riteneva che un libro firmato da entrambi avrebbe potuto suscitare scandalo. Sempre secondo il Burlington Magazine :
« La scelta del nome era una decisione importante per le scrittrici dei primi del Novecento. Molte delle sue contemporanee adottarono uno pseudonimo per tutta la carriera, spesso celandosi sotto un nome maschile, come la sua amica e collega Vernon Lee (Violet Paget), la tedesco–ebraica Jarno Jessens (Anna Michaelson), la scrittrice e romanziera d’arte Frank Danby (Julia Frankau) e molte altre. »
Resta comunque che l’opera di Mary Berenson è assolutamente notevole e consistente, in particolare il suo libro A Modern Pilgrimage, scritto nel 1933, che unisce grandi viaggi a descrizioni di opere d’arte attraverso l’Italia, la Grecia e l’Egitto.
Avendo frequentato Palmerino, Mary Berenson ne fa menzione in una lettera datata 26 novembre 1897, in cui racconta, con un tono piuttosto comico, i contrasti intellettuali che all’epoca potevano emergere su questioni legate, tra l’altro, all’estetica. Dopo un pomeriggio trascorso a Palmerino, afferma di apprezzare di più « Miss Paget » e di avere una considerazione ancora più negativa di Miss Thomson, che sembra essersi offesa per i suoi commenti sull’incoerenza delle sue affermazioni : « I liked Miss Paget better than before, and my bad opinion of Miss Thomson was deepened. »
Questa benevolenza, seppur relativa, nei confronti di Vernon Lee era già stata espressa nell’agosto dello stesso anno, quando suo marito, Bernard Berenson, aveva accusato Vernon Lee e la sua amica Clementina Anstruther–Thomson di plagio. Rimproverava loro che l’articolo Beauty and Ugliness (1897), pubblicato nella Contemporary review, riprendesse idee che egli stesso avrebbe espresso in conversazioni informali, in particolare il suo concetto di « valori tattili » applicati alla pittura. Mary Berenson, scrivendo dopo le accuse del marito, affermava :
« Sarebbe un errore litigare con Miss Paget. È un errore litigare, la cosa giusta da fare è semplicemente allontanare le persone in silenzio, e poi una persona che accusa un’altra di avergli rubato le idee e di averle stampate si trova sempre in una posizione ridicola. »
In una posizione di mediatrice fino alla fine, Mary Berenson si spense nel 1945, all’età di 80 anni, nella Villa I Tatti. Dopo la morte del marito nel 1959, la residenza divenne un centro di ricerca dell’università di Harvard, tuttora dedicato alla storia dell’arte, in particolare del Rinascimento italiano.
Alan B.
Per maggiori informazioni su Villa I Tatti, segui questo link: https://itatti.harvard.edu/
Commentaires