Flavia Arlotta: Inner Gardens. Dal 13 settembre al 16 Dicembre - mostra a cura di Laura Casprini e Francesco Colacicchi
- associazione68
- 10 set
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Artista riservata, forse un po’ segreta, Flavia Arlotta ha vissuto la sua lunga vita nella grande casa aperta agli amici, intrecciando arte e quotidianità con misura, grazia e silenziosa intensità. Al fianco del marito Giovanni Colacicchi, ha costruito un dialogo affettuoso e fecondo, in cui la pittura nasceva da un pensiero condiviso e da una realtà osservata con amore. Da lui ha appreso la tecnica e il gusto per la composizione, ma ha saputo sviluppare una voce propria, femminile e originale, frutto di una gestazione lenta, paziente, profondamente vissuta.
Nei suoi primi anni di lavoro si avverte la vicinanza a Onofrio Martinelli, amico fraterno, e più avanti a Emanuele Cavalli; ma la fisionomia della sua pittura emerge presto con chiarezza. Come ricorda il figlio Francesco Colacicchi: «La pittura di mio padre si vede che è di un uomo, quella di mia madre di una donna, ed è giusto che sia così», perché entrambi hanno saputo trasferire nelle loro opere la propria umanità, il proprio mondo interiore, curioso e sensibile.
Il mondo di Flavia Arlotta è fatto di intrecci: il podere con l’orto e l’uliveto, il giardino percorso dalle stagioni, la casa con le sue stanze luminose, la cucina, gli studi, gli amici. Tutto si riflette nelle tele, dove la vita appare sublimata nel silenzio e nell’attesa. Le fotografie di famiglia, i taccuini di viaggio, i dipinti e gli oggetti che l’hanno accompagnata raccontano questo nodo profondo tra arte e vita, così naturale e luminoso perché autenticamente vissuto.
La mostra del Palmerino, ospitata nelle stanze consonanti con il suo spirito, offre l’occasione per avvicinarsi a questo paesaggio interiore: i ritratti affettuosi, i paesaggi meditati, le nature morte silenziose ci parlano di una pittura che coglie la luce segreta delle cose, e la trattiene sulla tela. Accanto ai dipinti, piccoli album di schizzi segnano le tappe di un cammino discreto e fecondo, rubato qua e là alle cure del quotidiano, ma profondamente radicato nel vivere.
Le numerose raffigurazioni, rapide talvolta e solo accennate, in alcuni casi più insistite, meditate, fissano le prime immagini che le appaiono allo sguardo, le prime idee che le affiorano alla mente e che qui possono essere trattenute e sorvegliate, portate pazientemente a germinazione. Le foto di famiglia, gli oggetti che ebbe cari concorrono a precisare l’immagine armoniosa dell’artista e del suo universo.
Come scrive Piero Calamandrei, parlando della Toscana: «Questa è la terra dove ci par che anche le cose abbiano acquistato per lunga civiltà il dono della semplicità e della misura». Le stesse qualità che distinguono l’opera e la vita di Flavia Arlotta.




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